Cosa succederà in Regione?

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01.15.2023

Perché l’ipotesi di accordo con la Lega  e la conseguente svolta a destra dell’UV è un errore politico e strategico di prospettiva.

Per verificare questa tesi occorre necessariamente partire dall’analisi del voto delle elezioni regionali dell’autunno 2020, soprattutto in relazione ai flussi di voto tra le regionali del 2018 e quelle del 2020 (qui e qui trovate i risultati). Per la prima volta, infatti, è possibile comparare agevolmente due elezioni simili nell’arco di un lasso di tempo molto breve.

L’analisi cerca di individuare lo spostamento dei voti nel corso di un biennio.

Non è possibile stabilire con certezza i flussi di voto riferiti ad ogni singola lista (lo si può fare per quelle che non sono cambiate tra le due elezioni: Lega, UV e M5S), ma è possibile farlo con una certa approssimazione prendendo in considerazione tre macro-aree (centrodestra, centrosinistra, autonomisti) e analizzando il M5S come soggetto autonomo (anche perché ha sempre adottato una politica di rifiuto delle alleanze).

Vengono quindi prese in considerazione 3 macro-aree e il M5S:

  1. il centrodestra (CDX) che comprende Lega, Fratelli d’Italia (FdI) e Forza Italia (FI) oltre ai voti di Rinascimento VdA; quest’ultimo, per comodità, è stato inserito nell’area di centrodestra. Forse non è del tutto corretto ma alle elezioni comunali del 2020 Girardini si è presentato in contrapposizione alla coalizione Nuti/Borre. Vero che non ha fatto accordi con la destra, ma appare difficile collocarlo nell’area autonomista e ancor di più nell’area di centrosinistra. Viene quindi inserito nell’area di centrodestra per esclusione;
  2. il centrosinistra (CSX) che comprende: Partito Democratico (PD), Ambiente, Diritti e Uguaglianza (ADU) e Rete Civica (RC);
  3. gli Autonomisti che includono: UV, Stella Alpina, VdA Unie, Alliance Valdôtaine, Pour L’Autonomie, PAS e tutte quelle sigle che nel 2018 facevano comunque riferimento al mondo autonomista (come Area Civica di Fosson).
  4. Il Movimento 5 Stelle (M5S) che si è sempre presentato da solo, costituisce un blocco a parte mentre non sono state collocate da nessuna parte le liste Valle d’Aosta Futura e VdA Libra che si sono presentate nel 2020 e che diventa difficile collocare in un’area specifica apparendo, al più, come liste civiche.

Se facciamo un’analisi sui voti espressi occorre partire da un dato chiaro: l’affluenza al voto è cresciuta tra il 2018 e il 2020. Si passa infatti da 67.159 a 72.701 votanti. Un aumento della partecipazione che potrebbe (dovrebbe) distribuirsi tra tutte le liste. Invece, nell’arco di circa un paio d’anni, i flussi di voto si presentano secondo questo schema:

  • Il blocco di destra (Lega + FI + FdI) aumenta di 6.864 voti, passando da 12.738 a 19.602. Se a questi ci sommiamo i voti di Rinascimento VdA (3.289) l’area, complessivamente, arriva a 22.891 voti; si registra quindi uno spostamento dei voti verso destra pari a 10.153 voti;
  • Il blocco autonomista variamente composto passa da 36.086 voti del 2018 a 27.835 del 2020 e quindi in due anni perde 8.251 voti;
  • Il M5S passa da 6.652 voti a 2.589 e in due anni perde 4.063 voti;
  • Il blocco di sinistra guadagna, in termini assoluti, 1.864 voti passando da 8.242 a 10.106; nel 2018 RC e ADU si presentano insieme nella lista “Impegno civico” e ottengono 3 eletti, il PD si presenta da solo e non passa il quorum. Nel 2020 la lista unitaria di PCP comprende Pd e RC mentre ADU si sarebbe dovuta presentare sola ma non è riuscita a presentare la lista. E’ però molto verosimile che tanti loro elettori abbiano votato per PCP (e i dati lo confermano);
  • Se consideriamo, infine, il campo di centrosinistra “largo” (cioè inclusivo del M5S, anche se le recenti elezioni politiche inducono a ritenre non realizzabile questa prospettiva), in due anni si perdono circa 2.200 voti, principalmente dovuti alla forte débâcle del Movimento 5 Stelle.

Prima conclusione: in poco più di due anni, in uno scenario di aumento della partecipazione al voto (+ 5.500 votanti) circa 12.000 persone (il 16,5% dei votanti del 2020) cambia il suo voto rispetto a due anni prima.

Seconda conclusione: dei cittadini che hanno cambiato la propria scelta di voto, l’85% (circa 10 mila persone) si spostano a destra mentre solo il 15% (meno di 2 mila) si sposta a sinistra.

Terza conclusione: la sinistra, nonostante le condizioni favorevoli per la presenza di una sola lista, tiene ma non sfonda, il “campo largo” perde terreno rispetto a due anni prima, il mondo autonomista ha un profondo arretramento mentre la destra “esplode” raddoppiando quasi i voti.

Tali conclusioni (cioè il progressivo spostamento verso destra del voto nella nostra regione) si possono riscontrare anche se guardiamo alla composizione del consiglio regionale nell’ultimo decennio:

  • La Destra nel 2013 non aveva consiglieri regionali, è salita a 7 nel 2018 e a 11 nel 2020;
  • Gli Autonomisti sono passati da 30 consiglieri nel 2013, a 21 nel 2018 per finire a 17 nel 2020;
  • Infine il “campo largo” composto dalla Sinistra e dal M5S passa da 5 consiglieri (3 la sinistra e 2 il M5S) del 2013 a 7 consiglieri nel 2018 (3 + 4) per confermarne ancora 7 nel 2020.

Se analizziamo invece la ripartizione percentuale del voto nel 2018 e nel 2020, abbiamo una rappresentazione delle scelte dell’elettorato che evidenzia il peso percentuale delle macro-aree individuate sul totale dei votanti.
Procedere in questo modo ci consente un confronto fra le due tornate elettorali con i valori che rappresentano il peso di ciascuna forza nelle due tornate elettorali e di conseguenza agevola la valutazione dei risultati elettorali stessi:

Figura 1: totale dei votanti pari a 67.159
Figura 2: totale dei votanti pari a 72.701

Esaminiamo adesso  le variazioni del peso percentuale delle diverse aree individuate nelle due tornate elettorali:

  • Il blocco di destra (Lega + FI + FdI e Rinascimento VdA) aumenta del 12,52% il proprio peso elettorale (dal 18,97% nel 2018 al 31,49% nel 2020);
  • Il blocco autonomista variamente composto perde il 15,44% del proprio peso elettorale (dal 53,73% nel 2018 al 38,29% nel 2020);
  • Il blocco di sinistra aumenta il proprio peso elettorale del 1,63% (dal 12,27% nel 2018 al 13,90% nel 2020);
  • Il M5S perde il 6,35% del proprio peso elettorale (dal 9,91% nel 2018 al 3,56% nel 2020);

Questo confronto evidenzia senza ombra di dubbio il netto spostamento a destra dell’elettorato valdostano e ridimensiona il risultato elettorale della Sinistra in una tornata elettorale in cui i votanti sono aumentati di oltre l’8% e le aree contigue alla sinistra hanno avuto una flessione di consensi.

Alla luce di questo scenario, il governo più logico, più in linea con il voto del 2020, avrebbe dovuto essere un governo di destra, a trazione Lega che ha il gruppo più numeroso, allargato agli autonomisti. In primis l’UV che ha retto alla prova del voto e poi agli altri partiti autonomisti.

Ciò che è successo invece, sin dalla sera dello spoglio del voto, è che le forze autonomiste si sono immediatamente aggregate (o meglio i consiglieri regionali delle forze autonomiste) per formare un “gruppo di 14” che – diventando di fatto il gruppo più numeroso del consiglio – ha preso in mano le redini della legislatura e l’onere di governare costruendo con PCP un governo di centrosinistra e autonomista.

Perché nasce questo governo?

Ovviamente perché se gli autonomisti non si fossero accordati immediatamente l’iniziativa sarebbe toccata (inevitabilmente) alla Lega, perché sarebbero diventati “junior partner” in un governo di destra, perché due mesi prima si era concluso un accordo politico tra centrosinistra e autonomisti sul comune di Aosta e – ultimo ma non meno importante – perché un rapporto di forza 14 a 7 era più gestibile di un rapporto di forza 14 a 11.

Ma il Governo Lavevaz nasce “contro” il risultato delle elezioni.

Questo governo, stante le premesse di cui sopra, andava quindi “coccolato” da tutti visto che il voto popolare, invece, dava indicazioni esattamente contrarie. E l’unica possibilità di contenere la Lega era costringerla all’opposizione, giocare sulle sue contraddizioni, sperare nel calo di Salvini (come in effetti, è avvenuto) e dare la possibilità agli autonomisti e all’UV in particolare di riprendersi il loro elettorato (come i flussi di voto di cui sopra dimostrano agevolmente).

La possibile nascita oggi di un governo Lega – Autonomisti non è nient’altro che la logica ed inevitabile conseguenza del voto.

Se questa sarà la conclusione della lunga crisi politica in Regione (che si trascina ormai da parecchi mesi) l’UV (e gli autonomisti), probabilmente stanno facendo (forse) un errore strategico, rischiando di consegnare alla Lega, non solo i voti (alle ultime regionali i partiti di cdx sono cresciuti di 10 mila voti e gli autonomisti sono scesi di 8 mila) ma anche la rappresentanza territoriale.

Lo spostamento del voto verso destra, infatti, si può leggere anche in prospettiva diversa.
La lettura potrebbe anche essere inversa: non è la gente che si è spostata a destra ma è l’UV e i suoi alleati che si sono spostati verso il centrosinistra.

Fin dal 2005 con Louvin e Aosta Viva tutte le scissioni del Leone Rampante sono state a sinistra. Tutti sono venuti a cercare i voti nel campo del centrosinistra, nessuno invece nel campo della destra. Prima Louvin, poi Perrin con Renouveau, poi nasce Alpe (con dentro Rete Civica) fino ad arrivare a UVP, Mouv ecc…. tutti tentativi di raccogliere voti nel campo progressista, probabilmente perché nell’area della destra sia FI che la Lega di allora non avevano mai sfondato (nella nostra Regione) e sembrava un’area meno promettente di sviluppi favorevoli.

Un’altra possibile lettura pone in evidenza come, alla fine anni ’90, negli autonomisti vi fossero persone che condividevano idee progressiste, anche se altre componenti hanno preso il sopravvento, decisamente più conservatrici; ma è su questa area potenzialmente progressista che deve essere rafforzato il dialogo per spostare da destra al centrosinistra (il pendolo) l’orientamento degli autonomisti.

Perché la gente, soprattutto il valdostano medio che abita nelle vallate è in prevalenza conservatore, guarda con sospetto l’immigrato che lavora negli alpeggi…. ha sempre considerato che prima ci sono i “valdôtain” e poi gli altri. Quindi semplicemente i voti sono rimasti dov’erano, l’UV (e la sua dirigenza) si è spostata verso il centrosinistra e ha perso il consenso della parte moderata e conservatrice dell’elettorato.

Ma i vuoti, in politica, si riempiono subito: ecco perché la Lega è cresciuta così tanto. Queste valutazioni non trascurano altri aspetti che certamente hanno influito e non poco: le inchieste giudiziarie, le infiltrazioni dell’Ndrangheta, i conflitti personali tra gli autonomisti, ecc.
Ma la crescita così vertiginosa della Lega valdostana non è dovuta solo alla contestuale crescita della Lega di Salvini in Italia perché anche il PD con Renzi è arrivato al 40% in Italia, ma qui in Valle, il PD locale, non è mai arrivato alle percentuali della Lega di oggi. Ci sono quindi forti elementi identitari sulla natura del voto che si sta trasferendo dagli autonomisti (e dall’UV in particolare) alla Lega.

Infatti la Lega non è mai attecchita in Valle, anche quando aveva un profilo più federalista (vedi la Lega di Bossi) perché quell’elettorato si riconosceva nell’UV e in Stella Alpina. Se oggi gli autonomisti si consegnano “armi e bagagli” alla Lega le regalano i voti, ma soprattutto la rappresentanza territoriale limitandosi a fare da alleato minore di una destra più legata agli interessi del nord che non alla Petite Patrie.
I due elettorati infatti si sovrappongono, mentre l’elettorato di centrosinistra e quello unionista sono più complementari.

In conclusione

Questa veloce e molto artigianle analsi del voto che, con alcuni amici, avevamo abbozzato nei mesi primaverili, mantiene oggi tutta la sua attualità dopo il voto politico dello scorsoanno. Ciò che è cambiata è l’attuale irrilevanza del PD complice la sua sconfitta ed un congresso troppo lungo e incomprensibile alla gente che non sta analizzando le prospettive politiche che si stanno aprendo.

Per me permane chiaro l’errore strategico che gli autonomisti farebbero se, oggi, dovessero allearsi con la Lega e la destra. Intanto perché i rapporti di forza, già poco favorevoli nel 2020, sono nel frattempo peggiorati (Lega e FI in regione contano 13 consiglieri) e poi perché la vittoria della destra a trazione sovranista in Italia, ci consegna un ruolo della Lega molto più marginale.

Ciò che invece si intravede in vista delle elezioni europee del 2024 è un avvicinamento tra il PPE (di cui FI è la pedina italiana), i Conservatori e Riformisti europei di cui FdI è il partito guida e il gruppo “Identità e Democrazia” di cui fa parte la Lega. Una replica a livello europeo di una maggioranza come quella che governa l’Italia significherebbe la fine dell’Europa per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 10/15 anni quando popolari, socialisti e liberali hanno in qualche modo costruito l’integrazione (seppur imperfetta) che abbiamo oggi (e che ci consente di costruire una risposta unitaria alla crisi energetica e all’agressione Russa ai nostri confini).

Uno dei punti sui quali batte ripetutamente la Meloni (così come molti conservatori europei) è il ritorno della supremazia del diritto nazionale su quello eurpeo: un passo indietro di 20 anni nella costruzione di un soggetto politico continetale europeo che non dovremmo augurarci.

Davvero gli autonomisti valdostani vogliono abbracciare questa prospettiva aprendo le porte ad un governo di destra in Valle d’Aosta?

Dialoghi europei

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